La dodicesima notte


Riproduciamo, in parte, l'articolo del sito La Lega dei Supereroi che trovate QUI.

Una commedia di “quel barbaro non privo d’ingegno”

Scritta intorno al 1601 (probabilmente dopo l’ultima stesura di Amleto), La dodicesima notte o quel che volete “come tutti i drammi shakespeariani più felici, non appartiene infatti ad alcun genere preciso”, tiene a dirci uno dei più grandi critici shakespeariani.


Ultima commedia pura prima dell’avvento delle grandi tragedie del celebre drammaturgo,
 La dodicesima notte, per quanto non priva di imprecisioni e per quanto poco amata e poco capita (soprattutto nel nostro Bel Paese), è il frutto di un autore ormai ben navigato. Sembra essere la summa di tutte le commedie precedenti della produzione del Bardo, addirittura un’auto-parodia della sua intera produzione comica!

La trama della Dodicesima notte

Il titolo allude alla festività dell’Epifania che cade esattamente dopo dodici giorni (o notti) dal Natale. 
Ma cos’è La dodicesima notte? È la storia di due fratelli gemelli, Viola e Sebastian, tanto per cominciare, che naufragano in Illiria e che, a un certo punto, vengono scambiati l’uno per l’altra perché Viola si traveste da uomo, spacciandosi per un certo Cesario.

Ahhh, che noia, direte, l’ennesima commedia di agnizione: ma non aveva già scritto la Commedia degli errori su due gemelli? Ma non aveva già fatto travestire da uomo almeno due altre fanciulle nelle precedenti commedie?



 Sì, però ve lo avevo detto che William Shakespeare in questa commedia aveva riversato di tutto un po’ della sua precedente produzione. Eppure va ben oltre. Ci regala un’opera che è stata definita infinita, magari non ai livelli di Amleto, ma ecco che vi si avvicina molto.
 
La trama principale vede Viola che si innamora del duca Orsino che è innamorato della nobildonna Olivia, che però si innamora di Viola travestita da Cesario, che al mercato mio padre comprò… 
 
Ma c’è una sottotrama esilarante e inquietante allo stesso tempo che vede protagonisti Malvolio, il maggiordomo di Olivia, e un trio di clown spassoso fino alle lacrime che, però, giungerà a farsi beffe del malcapitato Malvolio in un modo oltremodo crudele.

I personaggi della Dodicesima notte

I personaggi principali della commedia sono essenzialmente dei folli, dei pazzi e l’unico fool che compare come tale, Feste, è il più saggio di tutta la combriccola. 
Il duca Orsino è un pazzo totale che parla sempre di musica e giunge perfino a minacciare di morte l’amata Olivia… e in tutto ciò, la fresca, coraggiosa, stravagante Viola non può fare a meno di innamorarsene. Tanto savia, pure lei, non è.



Olivia sembra essere l’equilibrio personificato: scopriremo che così non è. Malvolio compare anche lui come un uomo tutto d’un pezzo, magari un po’ troppo bacchettone, ma niente di così esagerato… e d’un tratto si trasforma in un arrogante pieno di sé che vorrebbe calpestare tutti, invidioso e poco intelligente.
Il trio dei comici, l’ubriacone Sir Toby, lo sciocco Sir Andrew e Maria l’arrampicatrice sociale, per noia e per pura malvagità, si faranno beffe di Malvolio con un atteggiamento che noi, oggi, considereremmo da bulli.

Tutto è bene quel che finisce bene

Per dirla sempre con le parole di Shakespeare. 
Alla fine della commedia sembra che tutto si ristabilisca. Ma è proprio così? Viola sposa il suo Orsino e Olivia sposa Sebastian… Orsino però sta rinunciando a Olivia e anche a Cesario, se vogliamo dirla tutta. Infatti, anche Olivia sta rinunciano a Cesario sposando Sebastian che, di fatto, neanche conosce!


Quello che succede nel finale non è certo l’accettazione di queste “coppie alternative”, ma gli innamorati vengono accoppiati al partner ritenuto socialmente accettabile.
L’ambiguità è doppia, tripla, infinita: sono davvero contenti così i personaggi? Quanto Orsino è realmente attratto da Cesario? Quanto Olivia, in verità, avrebbe preferito Cesario/Viola a Sebastian? Quanto Antonio (un personaggio secondario recitato, all’epoca, probabilmente dallo stesso Shakespeare) che segue Sebastian vorrebbe tenerselo tutto per sé? Sì, in questi amori fuori dalle regole dell’epoca, William Shakespeare vuole mostrarci come siano folli, ma il finale, poi, non ci convince per nulla sul fatto che lo standard comune dell’amore porti alla felicità… 


Insomma, il sottotitolo della commedia, Quel che volete, diventa improvvisamente importante e perfino esplicativo: è un’opera aperta, come direbbero i critici, vedeteci un po’ quel che più vi aggrada.



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